INNOCENCE
Century Child #1
Autore: Vibeke Elske
Autopubblicato
Pagine: 552
Prezzo: € 0,98
Data di pubblicazione:
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TRAMA:
C’erano cinque statue disposte a semicerchio dietro al cratere. Avevano sembianze umane, scolpite in una pietra candida dai pallidi riflessi opalescenti. Sui piedistalli di marmo nero, in bassorilievo, i loro nomi laminati in argento: Innocentia, Tentatio, Peccatum, Expiatio, Redemptio. Regan si soffermò a scrutarle una per una, senza osare avvicinarsi, intimidita dall’atmosfera sacrale che sentiva incombere attorno a sè. Innocenza era una bambina dal viso tondo e paffuto che guardava verso una volta celeste immaginaria con occhi sgranati e colmi di genuino stupore. Stringeva tra le mani un mazzetto disordinato di fiori di campo, i piccoli piedi nudi che poggiavano delicatamente su un soffice cuscino d’erba. Al suo fianco, Tentazione era incarnata da un ragazzo dai folti riccioli che guardava con avidità alla propria sinistra, la bocca dischiusa in una piega vagamente sensuale, il ginocchio sinistro proteso di lato in uno slancio smanioso, frenato però dalla catena che gli imprigionava la caviglia destra al terreno. Seguendo il suo sguardo si incontrava la terza scultura. Peccato rappresentava due giovani amanti colti in un gesto di intimità: lei completamente abbandonata tra le braccia possenti di lui, la testa riversa all’indietro in uno stato di inconfondibile estasi. Spostandosi appena più in là, tuttavia, la prospettiva mutava completamente: la mano di lui reggeva un pugnale affondato tra le scapole di lei, lunghi rivoli di sangue rubino che le colavano sulla pelle, impregnando il tessuto sottile della veste abilmente scolpita. Amore e Morte, nella loro rappresentazione più tragica. Alla loro sinistra, Espiazione – un uomo emaciato coperto da cenci laceri, inginocchiato su sassi appuntiti – li fissava con sguardo tormentato, le mani ossute convulsamente strette al petto, dilaniato da profonde ferite. I suoi occhi scavati e sgomenti riflettevano una sofferenza angosciante. A chiudere il semicerchio, infine, bellissima e maestosa, Redenzione si ergeva nelle morbide forme di una donna che spalancava le braccia verso il cielo, due splendide ali angeliche spiegate alla sue spalle. Il suo viso, esattamente come quello di Innocenza, era rivolto verso l’alto, chiusi gli occhi, e portava impressa un’espressione di pace assoluta. Regan restò a lungo a studiarle, rapita dal realismo dei loro volti, dalla drammaticità dei loro gesti. C’era qualcosa di vivo e inquietante che pulsava sotto ai loro gusci di pietra. Involontariamente, il suo sguardo continuava a tornare a Tentazione ed Espiazione, dall’una all’altra, simili ed opposte. Entrambe si volgevano verso Peccato, entrambe dipinte di un’emozione esasperata, entrambe consumate dal loro stesso anelare. Fu con sorprendente stupore che, nell’arretrare incurantemente di un passo, Regan realizzò una cosa che la fece sentire strana. Tentazione guarda Peccato e vede l’Amore. Espiazione guarda Peccato e vede la Morte.
I PERSONAGGI
Regan è solo Regan, nient’altro. Ha perso la memoria e tutto ciò che le resta di sé è il proprio nome e l’amara consapevolezza che qualcuno la vuole morta a tutti i costi, per ragioni che nessuno è in grado di comprendere. Non mostra alcun segno di possedere anche solo qualcuno dei poteri che una giovane demone dovrebbe possedere si ritrova all’improvviso in un mondo che le sembra di non conoscere, sola. O quasi.
Si sforzò di richiamare qualsiasi altra cosa alla memoria: tutto ciò che trovò nella propria mente era una sterminata distesa di vuoto.
Provò a cercare ancora, annaspò nella propria testa tra meandri neri privi di contenuti, scavando sempre più nel profondo, senza incontrare altro che nero ancora più nero.
Presto un senso di vertigine la colse.
Si guardò le mani, disperata: piccole, bianche, urtate da qualche graffio sottile qua e là. Non le riconobbe.
Questa mancanza assoluta di coscienza di sé e dell’ambiente in cui si era ritrovata la spaventò. Un senso di angoscia le agguantò la gola, smorzandole il respiro. Si portò le mani alla testa dolente, gli occhi serrati nel vano sforzo di trovare qualcosa dentro di sé, un’informazione di qualunque tipo, ma non c’erano spiragli di luce in quel vortice di tenebre.
Tuttavia ad un tratto una scintilla inattesa balenò tra le ombre e un nome affiorò incerto sulle sue labbra.
Regan.
Se lo ripeté una, due, dieci volte, come un sussurro ancestrale provenuto da chissà dove, fino a che non cominciò a sentirlo quasi familiare. Sentì che le apparteneva.
Regan, sì. Quello era il suo nome. […]
Quando incontrò il proprio riflesso, si ritrovò al cospetto di una sconosciuta: due occhi a mandorla, di un limpido verde smeraldo, la fissavano indaganti da un viso ovale dai lineamenti morbidi, incorniciato da lunghi capelli che avevano l’esatto colore pulsante del sangue. La pelle candida era segnata da ombre violacee attorno agli occhi e da segni scuri sul collo. Se li sfiorò con i polpastrelli, avvertendo un vago bruciore. Chissà com’era successo, esattamente.Non si riconosceva. Non c’era nulla di familiare in quel che vedeva, ma doveva farsene una ragione.
Provò a cercare ancora, annaspò nella propria testa tra meandri neri privi di contenuti, scavando sempre più nel profondo, senza incontrare altro che nero ancora più nero.
Presto un senso di vertigine la colse.
Si guardò le mani, disperata: piccole, bianche, urtate da qualche graffio sottile qua e là. Non le riconobbe.
Questa mancanza assoluta di coscienza di sé e dell’ambiente in cui si era ritrovata la spaventò. Un senso di angoscia le agguantò la gola, smorzandole il respiro. Si portò le mani alla testa dolente, gli occhi serrati nel vano sforzo di trovare qualcosa dentro di sé, un’informazione di qualunque tipo, ma non c’erano spiragli di luce in quel vortice di tenebre.
Tuttavia ad un tratto una scintilla inattesa balenò tra le ombre e un nome affiorò incerto sulle sue labbra.
Regan.
Se lo ripeté una, due, dieci volte, come un sussurro ancestrale provenuto da chissà dove, fino a che non cominciò a sentirlo quasi familiare. Sentì che le apparteneva.
Regan, sì. Quello era il suo nome. […]
Quando incontrò il proprio riflesso, si ritrovò al cospetto di una sconosciuta: due occhi a mandorla, di un limpido verde smeraldo, la fissavano indaganti da un viso ovale dai lineamenti morbidi, incorniciato da lunghi capelli che avevano l’esatto colore pulsante del sangue. La pelle candida era segnata da ombre violacee attorno agli occhi e da segni scuri sul collo. Se li sfiorò con i polpastrelli, avvertendo un vago bruciore. Chissà com’era successo, esattamente.Non si riconosceva. Non c’era nulla di familiare in quel che vedeva, ma doveva farsene una ragione.
Lucius Henker,demone nativo della Terra di Sonnerg, ma attualmente al servizio del Coordinatore della Terra di Norden e della Lega. Ha un passato turbolento che lo ha sempre fatto sentire indegno dell’onore di servire il Coordinatore Leljen e ha giurato di dedicare la sua intera vita a ripagare la seconda possibilità che gli è stata concessa. Per gratitudine, ma non solo.
Era alto, vestito di nero, con un viso attraente e due occhi azzurri come il ghiaccio che la guardavano curiosi. Gli stessi occhi, ne era sicura, che le erano apparsi nella mente appena risvegliata.
Il suo passo era lento e felpato. C’era qualcosa di felino in quell’andatura, nel modo in cui le lunghe gambe si succedevano l’una all’altra in brevi falcate disinvolte, l’orlo del pastrano che gli lambiva le caviglie.
Solo quando le fu praticamente di fronte, Regan si accorse di quanto fosse malconcio: tra vestiti strappati in un paio di punti e macchie di fango e sangue, sembrava appena uscito da un nubifragio. […]
Regan fissò a bocca aperta il torso nudo del ragazzo: non sembrava così muscoloso, da vestito. Le spalle erano possenti, muscoli sviluppati disegnavano linee nette sul torace e sulla schiena, tra le scapole, lungo le braccia. Ma non era quello a sconvolgere Regan. La pelle chiara di Lucius sembrava una tela aggredita da un artista impazzito: tra rari tagli freschi – uno particolarmente brutto gli sferzava il fianco – e qualche brutto livido, cicatrici grandi e piccole deturpavano l’altrimenti perfetto incarnato, alcune lunghe e sottili come fili d’erba, altre di forme strane, frastagliate, altre ancora brevi e nette, bianche e lucide. Ce n’era una serie, sulla sua spalla sinistra, che formava una collana di punti allineati in una stretta curva simmetrica. Un fisico di una bellezza statuaria imbrattato da costellazioni di marchi indelebili.
Il suo passo era lento e felpato. C’era qualcosa di felino in quell’andatura, nel modo in cui le lunghe gambe si succedevano l’una all’altra in brevi falcate disinvolte, l’orlo del pastrano che gli lambiva le caviglie.
Solo quando le fu praticamente di fronte, Regan si accorse di quanto fosse malconcio: tra vestiti strappati in un paio di punti e macchie di fango e sangue, sembrava appena uscito da un nubifragio. […]
Regan fissò a bocca aperta il torso nudo del ragazzo: non sembrava così muscoloso, da vestito. Le spalle erano possenti, muscoli sviluppati disegnavano linee nette sul torace e sulla schiena, tra le scapole, lungo le braccia. Ma non era quello a sconvolgere Regan. La pelle chiara di Lucius sembrava una tela aggredita da un artista impazzito: tra rari tagli freschi – uno particolarmente brutto gli sferzava il fianco – e qualche brutto livido, cicatrici grandi e piccole deturpavano l’altrimenti perfetto incarnato, alcune lunghe e sottili come fili d’erba, altre di forme strane, frastagliate, altre ancora brevi e nette, bianche e lucide. Ce n’era una serie, sulla sua spalla sinistra, che formava una collana di punti allineati in una stretta curva simmetrica. Un fisico di una bellezza statuaria imbrattato da costellazioni di marchi indelebili.
Giovane angelo della Terra di Norden, Shin ha iniziato da giovanissimo a lavorare per la Lega, contribuendo a molte indagini grazie a certi poteri peculiari che un ragazzo di razza angelica non dovrebbe possedere. Lucius è stato il suo primo, vero amico e gran parte delle sue capacità di combattente sono dovute agli insegnamenti da lui ricevuti.
La porta si aprì con un cigolio sinistro. Ne entrò una figura sottile, con lunghi capelli di un biondo argenteo, finissimi e lisci, legati sulla nuca. Era un ragazzo – o una ragazza, forse, difficile a dirsi – dall’aspetto incredibilmente efebico e delicato. C’era un che di etereo nel suo corpo flessuoso, arti lunghi e affusolati fasciati in un’uniforme di raso grigio perla dai raffinati ricami. Aveva un portamento marziale, calibrato fin nel più piccolo movimento, ma c’era una strana grazia nel suo rigore. Due occhi neri come l’ossidiana illuminavano miti il viso armonioso di un candore molto simile a quello di Regan stessa. Una bianca statua di alabastro scolpita a regola d’arte, oltre ogni possibile concezione di talento artistico, perché quella bellezza inaudita – quasi dolorosa – era il riflesso materiale di una purezza inafferrabile dalla superficialità della mente. […]
Dovette piegare la testa all’indietro per riuscire a vederlo in viso, tanto era alto. Possedeva un’eleganza diversa da quella mascolina di Lucius; somigliava a una libellula: sottile, leggero, quasi impalpabile, e la dolcezza di cui era dipinto il suo volto a tratti sembrava sbiadire, lasciando posto per fugaci attimi a ombre fredde e scure che poco gli si addicevano. […]La sua voce era un aperto contrasto con la sua immagine, morbida e maschile alle orecchie di chi, guardandolo, lo vedeva così androgino e fine.
Dovette piegare la testa all’indietro per riuscire a vederlo in viso, tanto era alto. Possedeva un’eleganza diversa da quella mascolina di Lucius; somigliava a una libellula: sottile, leggero, quasi impalpabile, e la dolcezza di cui era dipinto il suo volto a tratti sembrava sbiadire, lasciando posto per fugaci attimi a ombre fredde e scure che poco gli si addicevano. […]La sua voce era un aperto contrasto con la sua immagine, morbida e maschile alle orecchie di chi, guardandolo, lo vedeva così androgino e fine.
Lady SoileLeljen, ultima figlia della stirpe reale, ora eletta Coordinatore della Terra di Norden e ancora vista dal suo popolo come la legittima regina, anche se la Monarchia è caduta ormai da secoli. Donna potente e molto fredda, inarrivabile agli occhi di tutti, ma di uno in particolare.
Benché la maschera dal bordo bianco celasse metà del suo viso alla vista dei presenti, la sua bellezza dirompeva da dietro di essa con prepotenza, quasi rifiutasse di lasciarsi oscurare da un inutile orpello. Carnagione bianca, nobile, perfetta come un bocciolo di rosa, e forse una regina non avrebbe avuto un portamento tanto regale. Capelli lunghi e scuri facevano da velo sulle spalle nude e lungo tutta la schiena, disegnandone il profilo sottile nelle luci incandescenti. […]
La sua avvenenza era quella surreale e splendente delle principesse delle fiabe, dei racconti mitologici che narravano di fanciulle senza tempo dalla pelle come petali di giglio e gli occhi di limpida acqua sorgiva. Possedeva il portamento superbo e pieno di grazia che ci si sarebbe aspettato da una sovrana, composta ed eretta come una bambola nel prezioso abito di seta smeraldina che scivolava leggero lungo la sua figura sottile in un panneggio morbido, dipingendo un rincorrersi chiaroscurale di luci riflesse e ombre nascoste. Un angelo, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, ma aggravata da tonalità cupe che le indugiavano negli occhi, sulle belle labbra rosee. Sì, era esattamente come una principessa delle fiabe: una principessa triste, prigioniera in tutto ciò che rappresentava.
La freschezza del suo corpo era ancora quella di un’adolescente, soltanto il viso denotava la sua età adulta, e non perché ne recasse segni fisici, ma perché la sofferenza che vi era impressa e induriva il suo sguardo sembrava appesantirla nell’animo come mille anni di guerra.
La sua avvenenza era quella surreale e splendente delle principesse delle fiabe, dei racconti mitologici che narravano di fanciulle senza tempo dalla pelle come petali di giglio e gli occhi di limpida acqua sorgiva. Possedeva il portamento superbo e pieno di grazia che ci si sarebbe aspettato da una sovrana, composta ed eretta come una bambola nel prezioso abito di seta smeraldina che scivolava leggero lungo la sua figura sottile in un panneggio morbido, dipingendo un rincorrersi chiaroscurale di luci riflesse e ombre nascoste. Un angelo, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, ma aggravata da tonalità cupe che le indugiavano negli occhi, sulle belle labbra rosee. Sì, era esattamente come una principessa delle fiabe: una principessa triste, prigioniera in tutto ciò che rappresentava.
La freschezza del suo corpo era ancora quella di un’adolescente, soltanto il viso denotava la sua età adulta, e non perché ne recasse segni fisici, ma perché la sofferenza che vi era impressa e induriva il suo sguardo sembrava appesantirla nell’animo come mille anni di guerra.
Lady PersefoneWestert, nata Edelberg, Coordinatore della Terra di Brenner. Proveniente da una nobile famiglia di Kauneus, nella Terra di Norden, è stata eletta Coordinatore di Brenner in seguito al suo matrimonio con il Comandante IdarWestert di Shjarna. È l’unica tra i sette Coordinatori ad avere una famiglia.
Sulla poltrona sedeva una donna. Indossava un bell’abito dalle tonalità autunnali che ben si accompagnavano ai folti capelli scuri e agli occhi gentili che a Regan ricordarono subito, nella forma, nel colore e nell’espressività, quelli dei fratelli Edelberg. Era bellissima, con un viso pallido perfettamente ovale e labbra rosate. […] così semplice, umile e femminile, non aveva niente che facesse pensare a lei come a un’importante figura politica. […] Era un demone, ma la bontà d’animo che Regan percepiva in lei, la generosità, la sottile sensibilità, erano più simili a quelle degli angeli.
Figura oscura e misteriosa, si è fatto un nome in anni e anni di associazione con i criminali più noti delle Sette Terre, conducendo esperimenti di indicibile orrore che gli hanno fatto guadagnare una pendente condanna a morte. Ma La Corte, la sua fortezza, è protetta da sigilli e incantesimi che la rendono inespugnabile. O così tutti credevano.
Funzionava così, con Desmond: se entravi nella sua dimora, o eri con lui, o eri destinato a morire. […]Continuava a ripercorrere nella sua mente i momenti che avevano preceduto l’imprevedibile, cercando di capire se le ipotesi che si era fatto riguardo all’accaduto fossero plausibili.
La mano destra si contrasse lentamente come ad afferrare l’aria. Ricordava il pugnale stretto nella sua mano che affondava nella tenera carne, l’inebriante sensazione dei tessuti che si laceravano uno dopo l’altro sotto all’inclemente pressione della lama affilata. Il sangue gli aveva inondato la mano, caldo e denso, sporcandogli la camicia di seta, macchiando il cuoio degli stivali. Il gemito strozzato dell’angelo era rimasto inciso nella sua memoria come un piccolo trofeo sonoro. Raramente aveva provato una soddisfazione tale nel togliere la vita a qualcuno. Uccidere un’anima immonda era quasi come uccidere un fantoccio di paglia; assassinare un innocente, invece, procurava una sensazione completamente diversa: c’era la consapevolezza della profanazione deliberata di qualcosa di sacro e puro, il piacere perverso di avvertire con assoluta precisione l’esatto istante in cui la vita abbandonava le membra, lasciandole inerti a custodire un’anima destinata a marcire con esse.
La mano destra si contrasse lentamente come ad afferrare l’aria. Ricordava il pugnale stretto nella sua mano che affondava nella tenera carne, l’inebriante sensazione dei tessuti che si laceravano uno dopo l’altro sotto all’inclemente pressione della lama affilata. Il sangue gli aveva inondato la mano, caldo e denso, sporcandogli la camicia di seta, macchiando il cuoio degli stivali. Il gemito strozzato dell’angelo era rimasto inciso nella sua memoria come un piccolo trofeo sonoro. Raramente aveva provato una soddisfazione tale nel togliere la vita a qualcuno. Uccidere un’anima immonda era quasi come uccidere un fantoccio di paglia; assassinare un innocente, invece, procurava una sensazione completamente diversa: c’era la consapevolezza della profanazione deliberata di qualcosa di sacro e puro, il piacere perverso di avvertire con assoluta precisione l’esatto istante in cui la vita abbandonava le membra, lasciandole inerti a custodire un’anima destinata a marcire con esse.
CALENDARIO
06/12 Prima tappa » Peccati di penna Presentazione del blogtour e giveaway
07/12 Seconda tappa » Dreaming Fantasy I personaggi del romanzo
08/12 Terza tappa » Coffee and Books Soundtrack del romanzo
09/12 Quarta tappa » Le passioni di Brully Quattro chiacchiere con l'autrice (intervista)
10/12 Quinta tappa » Il profumo dei libri L'ambientazione della storia
11/12 Sesta tappa » Il rumore dei libri La genesi del romanzo
12/12 Settima tappa » Laboratorio fantasy Le Sette Terre
13/12 Ottava tappa » Il flauto di Pan Conclusione: estratto/giveaway
PREMI & INFO
- Compilare il form che troverete nel tour
- essere follower dei blog che ospitano il tour
- Commentare tutte le tappe
- Diffondere la notizia a più non posso!
E anche la mia tappa è finita! Come al solito se avete domande o dubbi potete mandarmi una email o scrivere un commento a questo post. Spero che la tappa vi sia piaciuta e che i personaggi vi abbiano incuriosito! In bocca al lupo a tutti!
Dreaming Fantasy
Ma che bella Soile!!!
RispondiEliminaCome sempre io m'innamoro di un personaggio secondario.
Tra i maschietti direi che Lucius non mi dispiace.
Dagli estratti sembra che l'autrice abbia creato davvero un bel mondo, sono sempre più curiosa ^_^
Soile è proprio bellissima!! tra i maschietti mi attira Desmond *^* ma chissà, vedremo come sono nel libro!
Eliminaa me piace Persefone, chissà la famiglia mi attrae.
RispondiEliminaLorddesmond che paura ma che uomo, Lucius aiutami sto cadendo nella sua rete!!!!
sono proprio curiosa.... vedremo le prossime tappe
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Grazie per le condivisioni! :)
EliminaAnche io sono curiosa di leggere questo romanzo!